Sanità
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Ospedale e sanità

Una legge per tutelare il diritto alla salute

Amati e Colonna chiedono l'abbattimento delle liste di attesa

"Abbattere le liste di attesa in sanità, responsabilizzando maggiormente il personale medico e le aziende sanitarie pugliesi al fine di migliorare e rendere più tempestivo il servizio rivolto ai cittadini".

E' questo l'obiettivo della proposta di legge depositata nei giorni scorsi dal consigliere regionale Fabiano Amati e sottoscritta anche dal consigliere Enzo Colonna.
La proposta mira ad affrontare in modo innovativo uno dei temi più delicati che riguardano il sistema sanitario pugliese e cioè le liste di attesa che, in molti casi, rendono difficoltoso per i cittadini poter effettuare, in regime pubblicistico, visite mediche o esami diagnostici in tempi ragionevoli. Molto spesso, si tratta delle stesse prestazioni che, privatamente e dietro il pagamento della parcella al medesimo professionista, si possono ottenere nel giro di qualche giorno. Tutto questo rende obiettivamente iniquo il sistema, ingenerando sentimenti di sfiducia e disapprovazione nei cittadini cui viene di fatto negato un diritto costituzionalmente tutelato, e cioè quello alla salute.

"Con questo, ovviamente, non si vuole demonizzare la generalità dei medici pugliesi che lavorano con competenza e professionalità, spesso in contesti difficili, nell'ambito del servizio sanitario regionale, né addossare loro colpe e responsabilità per l'esistenza di lunghe liste di attesa (che, per la verità, interessano, a macchia di leopardo, solo talune strutture), dal momento che la possibilità di svolgere l'attività intramuraria è opportunamente riconosciuta dall'ordinamento al fine di evitare che pregiate professionalità, in un campo così importante e delicato, optino esclusivamente per lo svolgimento dell'attività libero-professionale, di fatto depauperando il servizio pubblico che offrirebbe, in tal caso, un servizio qualitativamente e professionalmente più modesto" spiega Colonna.

Per questo la proposta di legge punta innanzitutto a rendere trasparenti i tempi di attesa e ad individuare un responsabile unico per ogni azienda sanitaria cui spetterà il compito di attuare tutti gli interventi necessari per il loro abbattimento. D'altro canto molto significativa è anche la previsione di sospendere temporaneamente l'attività libero professionale intramuraria ove i tempi di erogazione delle prestazioni in regime istituzionale superino di più di cinque giorni i tempi di attesa relativi alle stesse prestazioni erogate in regime privatistico.
"Quel che desta una certa sorpresa, però, sono le argomentazioni di chi, allo scopo di contestare l'iniziativa legislativa intrapresa dal collega Amati e da me condivisa e sostenuta, ha parlato di una presunta incompetenza della Regione ad affrontare questa materia. Questo convincimento è, infatti, assolutamente infondato" aggiunge ancora il consigliere.

La Corte costituzionale ha più volte ribadito che la disciplina dell'attività medica intramuraria rientra nell'ambito della materia della "tutela della salute", quindi materia di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Spetta quindi alle Regioni disciplinare nel dettaglio la materia, nell'ambito dei principi di carattere generale dettati dalle norme statali.
A questo scopo, l'art. 1, comma 4, della legge 3 agosto 2007, n. 120 recante "Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria", prevede espressamente, tra l'altro, che le Regioni:
1) adottino misure finalizzate a garantire il monitoraggio aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate nell'ambito dell'attività istituzionale, al fine di assicurare il rispetto dei tempi medi, attivando ogni meccanismo utile a ridurre i tempi di attesa (lett. d);

2) garantiscano il «progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale» (lett. g).
"Il nodo è proprio questo. Tocca alle istituzioni regionali garantire che il ricorso alle prestazioni professionali intramurarie sia espressione di "libera scelta" dei cittadini pugliesi e non, invece, necessitata da carenze nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale".
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