San Michele delle Grotte
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La città

Sito S. Michele delle Grotte: presto messa in sicurezza della sede stradale

Lavori per un importo di 99mila euro

Le copiose precipitazioni, che hanno colpito Altamura le passate stagioni, hanno ulteriormente aggravato le condizioni della sede stradale di via Madonna della Croce e del sito di S. Michele delle Grotte. Il muro di contenimento della sede stradale, già puntellato e deformato, risulta prossimo al crollo.

Con una deliberazione di giunta comunale, n. 24 del 14 marzo 2014, è stato approvato il progetto preliminare, su proposta dell'assessore LL. PP. Domenico Matera Petrara, relativo alla "realizzazione di un sistema di contenimento con palificata, con ripristino delle condizioni minime di sicurezza per la fruizione della sede stradale". Saranno ripristinati il muro in tufo e la ringhiera.

È stato stabilito l'importo di 99mila euro come base di gara, specificando che "per l'opera in questione non è necessario l'inserimento nel programma triennale delle opere pubbliche".

Nel Box approfondimenti, a lato della notizia, una riflessione e una descrizione del sito a cura dell'altamurana dott.ssa Mariella Forte.

Foto d'archivio.
San Michele delle Grotte

Il complesso ipogeo di San Michele delle Grotte (o Sant'Angelo de la Ricza) si trova nel centro abitato di Altamura, su via Madonna della Croce in pieno centro urbano, e purtroppo nella totale indifferenza, versa in completo stato di abbandono. Oltre alla presenza della chiesa-grotta, vi sono altre cavità che si sviluppano sotto il piano stradale (tra l'altro il traffico continuo su quell'arteria costituisce fonte di pericolo oltre che per il complesso rupestre, anche per la pubblica incolumità).
Nella zona sono ben visibili i puntellamenti collocati per evitare il cedimento della parete che regge la strada.
La chiesa rupestre, ormai collocata in un contesto urbanistico del tutto estraneo alla sua storia, era custodito dalla famiglia Chierico fino all'anno 2000, quando fu donato all'A.B.M.C. con lascito testamentario dall'avv. Pasquale Chierico.
Se ci si affaccia alla grata della cancellata si nota l'atrio, ricoperto da erbacce, scavato nel banco tufaceo per una profondità di 5 metri. Al di sotto della scala si notano gli accessi ad altri ambienti scavati sotto l'attuale via Madonna della Croce, forse adibiti a sepolcreto. Guardando a sinistra, si trova l'accesso della sacrestia e di fronte la parete esterna della chiesa. L'ingresso si apre al centro e al di sopra, nella nicchia ormai vuota, era collocata una bellissima statua seicentesca raffigurante l'arcangelo Michele nell'atto di uccidere il diavolo.
Secondo alcuni studiosi, l'insediamento risalirebbe al X sec. d.C.(il toponimo la Ricza o la Rizza ci riporta alla cultura longobarda) e costituiva probabilmente il centro di culto di una comunità agro-pastorale. Al suo interno si conservano, anche se in avanzato stato di degrado, interessantissime testimonianze dell'arte rupestre. Gli affreschi datati tra il XIV e il XVII secolo raffigurano vari Santi, tra i quali San Dionisio l'Areopagita (l'Areopago Άρειος Πάγος "Collina di Ares" è una delle colline di Atene in Grecia, dove si riunivano i magistrati e San Dionisio era uno di quei giudici); il Santo è raffigurato con la sua stessa testa tra le mani e sullo sfondo un'immagine della Cattedrale di Altamura.
In una delle absidi è collocata la rappresentazione della scena della "Deesis" (che significa supplica, intercessione); si tratta di un tema iconografico cristiano di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso. Nella rappresentazione tipica, e così come è in San Michele, si vede Cristo Benedicente tra la Madonna e San Giovanni Battista in atto di preghiera e supplica per i peccatori. L'affresco è molto simile a quello presente anche nella cripta di Jesce ed è datato tra il 1300 e il 1320. Gli occhi di San Giovanni risultano scavati da antichi cercatori di tesori, all'epoca circolavano leggende che volevano pietre preziose al posto degli occhi.
Tra le altre testimonianze appare interessante la presenza di una nicchia per la conservazione dell'acqua santa del Gargano, che lega il luogo sacro di Altamura a quello più famoso del Gargano. Era usanza andare in pellegrinaggio ogni anno l'otto maggio presso il santuario di Monte Sant'Angelo; qualcuno aveva il compito di raccogliere le acque e trasportarle per custodirle nella nicchia dove ancora si legge un'iscrizione latine che dice: Qui si conservano le sacre acque, gloria del monte Gargano; chi da malato queste berrà, sano diventerà)
Il pavimento, poi, è rivestito da mattonelle maiolicate con decorazione a petali azzurri in cerchi gialli, prodotte dalle officine di Laterza nel 1690.
La presenza di affreschi di santi comuni alla devozione dei pellegrinaggi ha fatto avanzare l'ipotesi che la chiesa possa essere stata in antico luogo di raccoglimento spirituale per i numerosi viandanti che attraversavano il territorio di Altamura, ed anche per i pastori transumanti, che attraversavano il Gargano e si recavano nelle aree di posta dell'area murgiana.

La sintesi delle notizie storiche dovrebbe essere sufficiente a far comprendere l'importanza dei luoghi descritti e quanto sia colpevole per una comunità lasciare che importanti pagine di storia vengano cancellate dal disinteresse e dalla noncuranza.
A cicli si ascoltano amministratori e politici, magari a ridosso delle consultazioni elettorali, parlare di tutela delle testimonianze storiche e di sviluppo turistico della città, ma tale crescita passa inevitabilmente dal recupero e dalla fruibilità dei luoghi storico-artistici e non ci può essere sviluppo senza la consapevolezza della popolazione di quanto sia importante il recupero di tali testimonianze. Purtroppo il nostro territorio ha già perso importante occasioni di finanziamento per interventi strutturali, e laddove si è avuto accesso a tali fondi inevitabilmente e ripetutamente si sono registrati dissipazioni e sperperi di denaro pubblico. Se ciò è avvenuto e continua ad perpetrarsi è anche dovuto al fatto che la scarsa o cattiva informazione ci rende poco consapevoli delle opportunità di sviluppo che il territorio continua a sprecare.
Mariella Forte
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