
Ospedale e sanità
Ospedale della Murgia, personale senza mensa
I sindacati annunciano lo stato di agitazione e promettono di ricorrere alla Corte dei conti
Altamura - martedì 18 novembre 2014
12.18
Ancora problemi all'Ospedale della Murgia. Questa volta a puntare il dito contro la direzione sanitaria e ad annunciare lo stato di agitazione, è l'intero personale medico e paramedico aderente al sindacato Usppi. Pomo della discordia la mancata erogazione dei buoni pasto. Un problema che si ripete sempre uguale a se stesso e in barba a tante sentenze, oramai da sette anni e che al termine di un'affollata assemblea ha convinto i dipendenti ad incrociare le braccia.
Il sindacato denuncia "gravi ombre sulla gestione Mensa alla Asl di Bari" raccontando l'ultima doccia fredda arrivata addosso ai 7.500 dipendenti all'indomani della decisione presa dalla direzione Asl di "liquidare il risarcimento soltanto a circa 180 dipendenti" poiché "i vertici aziendali o il settore legale, hanno dimenticato di impugnare altre sentenze", denuncia il segretario generale dell'Usppi Nicola Brescia.
"Infatti, come emerge anche dalla relazione che l'estate scorsa il direttore generale Colasanto ha consegnato al capo della giunta regionale per difendersi dalle accuse di una ben più vasta ispezione ministeriale in uffici e servizi Asl, il riconoscimento del diritto al buono pasto è stato per anni disatteso dalla stessa azienda sanitaria. Ciò ha prodotto un contenzioso enorme con il personale fin dal 2007, quando i dipendenti interessati alla questione hanno ottenuto sentenze di primo grado favorevoli al riconoscimento del diritto alla mensa".
Per avvallare la propria tesi, l'Ussi, critica nei confronti della Asl anche per non essere riuscita a trovare un accordo con i sindacati al fine di erogare buoni pasto al posto del servizio mensa, cita anche uno stralcio dell'ultima ispezione ministeriale nella quale, a proposito del riconoscimento dei buoni pasto, gli ispettori ribadiscono che "mediamente tali spese possano stimarsi in non meno di 1000 euro per singolo ricorso, di cui 500 euro per Ctu con un potenziale costo complessivo pari a 5 milioni e mezzo, ai quali occorre aggiungere la sorte capitale".
"L'ennesimo paradosso" secondo il segretario generale dell'Unione Sindacati dell'Impiego Pubblico e Privato, Nicola Brescia che denota tutta "la sistematica sciatteria nella gestione aziendale".
"Quando il servizio è stato revocato – spiega ancora Brescia indicando vecchi provvedimenti – i lavoratori hanno citato in giudizio l'azienda sanitaria, con una pioggia di oltre 5000 ricorsi, chiedendo il risarcimento del danno per mancata istituzione del servizio mensa. L'autorità giudiziaria allora, con sentenze di primo e secondo grado, ha riconosciuto il diritto al risarcimento e l'Asl ha fatto ricorso, ma non contro tutte le sentenze. Infatti, alcune sono diventate esecutive perché l'azienda ha dimenticato di impugnarle".
E così, con le delibere n.1940, 1944 e 1945 del 16 e 17 ottobre è stato stabilito di liquidare il risarcimento solo ad alcuni lavoratori, "poiché il settore legale si sarebbe lasciato sfuggire l'impugnazione di altre sentenze, in particolare nei confronti di un avvocato, moglie di un dirigente sindacale".
Stranezze contro cui il sindacato annuncia di ricorrere dinanzi alla Procura della Repubblica e presso la Corte dei Conti per rivendicare i diritti di oltre 7000 dipendenti che in questi anni hanno chiesto trasparenza e chiarezza.
"E' assurdo in una fase così grave creare i presupposti per ulteriori sprechi nel servizio pubblico, ignorando il piano di rientro e gli accordi già sottoscritti che farebbero risparmiare l'azienda sanitaria", spiega ancora Nicola Brescia ricordando la transazione già sottoscritta dal precedente direttore Asl, Nicola Pansini, ratificata da un'altra delibera risalente a fine giugno 2011.
"Un atto inspiegabilmente sconfessato dal successore, Colasanto, nonostante nel provvedimento fossero confluite le richieste di migliaia di dipendenti beneficiari per contratto del diritto al buono pasto nel triennio 2008-2010".
Secondo l'intesa tra l'azienda sanitaria e i sindacati, i dipendenti avrebbero percepito nella busta paga di agosto un acconto di 1.440 euro per chi opera su due o tre turni di lavoro e 1200 euro per il turno unico, più un saldo ad aprile 2012 di 720 e 600 euro. Nell'intesa i sindacati avevano anche rinunciato al risarcimento dei buoni pasto dei primi dieci mesi del 2011, arrivando a ratificare una transazione per gli anni dal 2002 al 2007.
"L'obiettivo era di garantire lavoratori e azienda, assicurando ai primi il riconoscimento del danno cagionato negli anni passati e alla ASL un notevole risparmio rispetto alle perizie legali del Tribunale, ai primi dieci mesi del 2011 e all'agevolazione dei pagamenti differiti in più rate".
Un accordo mai rispettato, a quanto pare, e che ora rischia di far saltare il tavolo delle trattative.
"Se non si perfeziona l'intesa, il contenzioso legale produrrà un danno con una perdita che supera i 10 milioni di euro" denunciano ancora i sindacati per cui "resta la rabbia di migliaia di medici, impiegati e paramedici senza soldi, rimborsi e mensa"
Il sindacato denuncia "gravi ombre sulla gestione Mensa alla Asl di Bari" raccontando l'ultima doccia fredda arrivata addosso ai 7.500 dipendenti all'indomani della decisione presa dalla direzione Asl di "liquidare il risarcimento soltanto a circa 180 dipendenti" poiché "i vertici aziendali o il settore legale, hanno dimenticato di impugnare altre sentenze", denuncia il segretario generale dell'Usppi Nicola Brescia.
"Infatti, come emerge anche dalla relazione che l'estate scorsa il direttore generale Colasanto ha consegnato al capo della giunta regionale per difendersi dalle accuse di una ben più vasta ispezione ministeriale in uffici e servizi Asl, il riconoscimento del diritto al buono pasto è stato per anni disatteso dalla stessa azienda sanitaria. Ciò ha prodotto un contenzioso enorme con il personale fin dal 2007, quando i dipendenti interessati alla questione hanno ottenuto sentenze di primo grado favorevoli al riconoscimento del diritto alla mensa".
Per avvallare la propria tesi, l'Ussi, critica nei confronti della Asl anche per non essere riuscita a trovare un accordo con i sindacati al fine di erogare buoni pasto al posto del servizio mensa, cita anche uno stralcio dell'ultima ispezione ministeriale nella quale, a proposito del riconoscimento dei buoni pasto, gli ispettori ribadiscono che "mediamente tali spese possano stimarsi in non meno di 1000 euro per singolo ricorso, di cui 500 euro per Ctu con un potenziale costo complessivo pari a 5 milioni e mezzo, ai quali occorre aggiungere la sorte capitale".
"L'ennesimo paradosso" secondo il segretario generale dell'Unione Sindacati dell'Impiego Pubblico e Privato, Nicola Brescia che denota tutta "la sistematica sciatteria nella gestione aziendale".
"Quando il servizio è stato revocato – spiega ancora Brescia indicando vecchi provvedimenti – i lavoratori hanno citato in giudizio l'azienda sanitaria, con una pioggia di oltre 5000 ricorsi, chiedendo il risarcimento del danno per mancata istituzione del servizio mensa. L'autorità giudiziaria allora, con sentenze di primo e secondo grado, ha riconosciuto il diritto al risarcimento e l'Asl ha fatto ricorso, ma non contro tutte le sentenze. Infatti, alcune sono diventate esecutive perché l'azienda ha dimenticato di impugnarle".
E così, con le delibere n.1940, 1944 e 1945 del 16 e 17 ottobre è stato stabilito di liquidare il risarcimento solo ad alcuni lavoratori, "poiché il settore legale si sarebbe lasciato sfuggire l'impugnazione di altre sentenze, in particolare nei confronti di un avvocato, moglie di un dirigente sindacale".
Stranezze contro cui il sindacato annuncia di ricorrere dinanzi alla Procura della Repubblica e presso la Corte dei Conti per rivendicare i diritti di oltre 7000 dipendenti che in questi anni hanno chiesto trasparenza e chiarezza.
"E' assurdo in una fase così grave creare i presupposti per ulteriori sprechi nel servizio pubblico, ignorando il piano di rientro e gli accordi già sottoscritti che farebbero risparmiare l'azienda sanitaria", spiega ancora Nicola Brescia ricordando la transazione già sottoscritta dal precedente direttore Asl, Nicola Pansini, ratificata da un'altra delibera risalente a fine giugno 2011.
"Un atto inspiegabilmente sconfessato dal successore, Colasanto, nonostante nel provvedimento fossero confluite le richieste di migliaia di dipendenti beneficiari per contratto del diritto al buono pasto nel triennio 2008-2010".
Secondo l'intesa tra l'azienda sanitaria e i sindacati, i dipendenti avrebbero percepito nella busta paga di agosto un acconto di 1.440 euro per chi opera su due o tre turni di lavoro e 1200 euro per il turno unico, più un saldo ad aprile 2012 di 720 e 600 euro. Nell'intesa i sindacati avevano anche rinunciato al risarcimento dei buoni pasto dei primi dieci mesi del 2011, arrivando a ratificare una transazione per gli anni dal 2002 al 2007.
"L'obiettivo era di garantire lavoratori e azienda, assicurando ai primi il riconoscimento del danno cagionato negli anni passati e alla ASL un notevole risparmio rispetto alle perizie legali del Tribunale, ai primi dieci mesi del 2011 e all'agevolazione dei pagamenti differiti in più rate".
Un accordo mai rispettato, a quanto pare, e che ora rischia di far saltare il tavolo delle trattative.
"Se non si perfeziona l'intesa, il contenzioso legale produrrà un danno con una perdita che supera i 10 milioni di euro" denunciano ancora i sindacati per cui "resta la rabbia di migliaia di medici, impiegati e paramedici senza soldi, rimborsi e mensa"