Acquedotto Pugliese
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Niente piogge e l'Aqp riduce ancora la potenza nelle reti

Piano straordinario per evitare la siccità

Se non dovesse piovere nemmeno una goccia, la riserva idrica costituita dagli invasi lucani si esaurirà a marzo nonostante ogni possibile taglio all'erogazione.
Questo il futuro tracciato dal presidente dell'Acquedotto Pugliese, Nicola De Sanctis, in audizione alla Camera per parlare di crisi idrica nelle regioni italiane. Uno scenario surreale con cui occorre fare i conti ed è per correre ai ripari che dal prossimo primo novembre Aqp ridurrà nuovamente la pressione.

Nel corso della sua relazione De Sanctis ha spiegato chiaramente che se gli invasi del Sinni e del Pertusillo si esaurissero, rimarrebbe a secco metà della popolazione pugliese: quasi 2 milioni di persone (soprattutto la Puglia meridionale, visto che il Barese è in gran parte servito dalle sorgenti del Sele-Calore). E, oltretutto, lo svuotamento del Pertusillo lascerebbe senza acqua anche 10mila abitanti della Basilicata.
La situazione dell'approvvigionamento idrico non è uguale in tutta la Puglia: il Salento può contare sull'apporto dei pozzi, e allo stesso tempo il Foggiano può attingere alla diga del Fortore il cui livello non è ancora considerato allarmante. Il vero nodo sono Bari e la Bat, che vengono servite dalle sorgenti del Sele-Calore il cui apporto attuale è molto più basso rispetto ai 5mila litri al secondo garantiti in situazione normale. Tuttavia, spiegano i tecnici di Aqp, non ci sarà alcun effetto «macchia di leopardo» perché le manovre di regolazione compenseranno gli eventuali squilibri.

In questi giorni Acquedotto pugliese e Regione sono a lavoro per approntare un piano di azioni straordinarie, che prevede il recupero dei 30-35 milioni di metri cubi presenti nella diga del Cogliandrino, un affluente del Sinni che alimenta la centrale idroelettrica Enel di Masseria Nicodemo, ai 40-45 milioni presenti nel Sarmento (con i lavori di rifunzionalizzazione già in corso l'acqua si potrebbe spostare a Monte Cotugno), allo sfruttamento della diga di San Giuliano (oggi destinata all'agricoltura), che si potrebbe recuperare - tramite il Sinni - riattivando la stazione di pompaggio di Bernalda e garantendo così circa 1.200 litri al secondo.
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