
Territorio
Il "Made in Italy" è garanzia di qualità nel mondo?
Risponde il responsabile organizzativo provinciale della CIA
Altamura - martedì 4 febbraio 2014
12.06
Il "Made in Italy" sta diventando sempre di più sinonimo di garanzia di qualità nel mondo. La produzione e le esportazioni dell'agroalimentare crescono, i fatturati aumentano. Però soprattutto in questo momento, quando anche la concorrenza di altri paesi esteri comincia a diventare qualitativamente più forte, è bene andare a sciogliere tutti quei nodi che per anni si è fatto finta di non vedere e che ora rischiano di danneggiarci. Con Giuseppe Creanza, responsabile organizzativo provinciale della CIA ( Confederazione Italiana Agricoltori ), cerchiamo di capire meglio come stanno andando le cose.
Il nostro territorio sta puntando molto sul food Made in Italy, però la sua regolamentazione sembra avere delle contraddizioni. Infatti, alcuni prodotti sono 100% italiani se fatti con articoli italiani, es. l'olio di oliva, altri invece assumono la denominazione italiana se trasformati qui in Italia. Perché ci sono queste differenze?
È vero il nostro territorio ha molto da puntare sul made in Italy e per questo come CIA stiamo facendo molto per aggregare le piccole aziende che non sono in grado di organizzare le produzioni per commercializzarle e quindi, avere un valore aggiunto. Per quanto riguarda la definizione di prodotti made in Italy noi sosteniamo "ed altrimenti non potrebbe essere", che può definirsi "Made in Italy" tutto ciò che è prodotto in Italia a partire dalla materia prima, fino al luogo di confezionamento del prodotto finito. La normativa sicuramente non ci aiuta, però per l'olio d'oliva, con anni di battaglie sindacali, si è affermato il principio che si può chiamare olio italiano solo se le olive sono prodotte e molite in Italia e l'olio è imbottigliato in Italia. Questa vittoria apre le porte e ci da la forza per chiedere e sostenere che gli stessi principi valgano per tutti gli altri prodotti, ad iniziare dalla pasta, dal nostro amato pane, etc. Quello che manca è una strategia nazionale che punti alla salvaguardia e alla promozione del "Made in Italy" che si realizzi attraverso una lotta seria e forte alle frodi e alle sofisticazioni, grazie a diffusi ed incisivi controlli della materia prima in arrivo e dei prodotti d' importazione. Manca il contrasto a quella che possiamo definire l'economia "dell'inganno" a danno degli agricoltori e dei consumatori. Inoltre il continuo cambiamento dei governi e dei ministri agricoli non ha contribuito a migliorare la situazione, basti pensare che negli ultimi sei anni sono cambiati sei ministri dell'agricoltura.
La nuova PAC 2014-2020 prevede interventi per lo sviluppo rurale. Di cosa ha bisogno il nostro territorio per crescere?
La riforma della PAC non ci soddisfa molto: le stesse risorse che l'agricoltura ha ricevuto per la scora programmazione le riceverà anche per la programmazione 2014-2020 però distribuite tra i 28 paesi della UE. Ciò comporterà inevitabilmente dei tagli almeno del 25%. Per questo le risorse che vengono messe a disposizione devono essere utilizzate per soddisfare al meglio i bisogni del territorio. In primis garantendo i pagamenti diretti a quelle aziende che vivono di agricoltura, che presidiano il territorio, fanno salvaguardia del paesaggio agrario e tutelano l'ambiente. Gli agricoltori, infatti, sono i veri guardiani del territorio, che lo manutengono e per questo la collettività deve farsene carico. Dobbiamo puntare sempre di più alla qualificazione, diversificazione delle produzioni agricole e alla loro commercializzazione; ad un'azione sinergica delle filiere per una più equa ripartizione del valore aggiunto.
Il nostro territorio, inoltre, ha un gran bisogno di migliorare il proprio appeal per attrarre persone ed investimenti, e potrebbe farlo attraverso la realizzazione infrastrutture e di servizi alla popolazione. Una maggiore vivibilità potrebbe limitare i fenomeni di esodo e di senilizzazione del nostro territorio e stimolare un effettivo ricambio generazionale in agricoltura.
Inoltre bisognerebbe agevolare maggiormente il ruolo multifunzionale delle imprese agricole, oltre ad una forte semplificazione degli adempimenti burocratici. Infatti, l'accanimento burocratico della pubblica amministrazione degli ultimi anni ha contribuito alla perdita di competitività delle imprese agricole. La CIA su questo problema ha promosso numerose azioni sindacali, ma ha incontrato la sordità dei rappresentanti istituzionali e degli apparati dell'amministrazione pubblica. Noi diciamo che non è possibile paragonare una grande azienda alla miriade di piccole aziende che caratterizzano il tessuto imprenditoriale del mondo agricolo e non solo, pensiamo alle centinaia di aziende artigiane e commerciali presenti sul territorio. Noi vogliamo poche regole, semplici e ben decifrabili e che non siano lasciate alla libera interpretazione di chicchessia.
Lorenzo Loizzo
Il nostro territorio sta puntando molto sul food Made in Italy, però la sua regolamentazione sembra avere delle contraddizioni. Infatti, alcuni prodotti sono 100% italiani se fatti con articoli italiani, es. l'olio di oliva, altri invece assumono la denominazione italiana se trasformati qui in Italia. Perché ci sono queste differenze?
È vero il nostro territorio ha molto da puntare sul made in Italy e per questo come CIA stiamo facendo molto per aggregare le piccole aziende che non sono in grado di organizzare le produzioni per commercializzarle e quindi, avere un valore aggiunto. Per quanto riguarda la definizione di prodotti made in Italy noi sosteniamo "ed altrimenti non potrebbe essere", che può definirsi "Made in Italy" tutto ciò che è prodotto in Italia a partire dalla materia prima, fino al luogo di confezionamento del prodotto finito. La normativa sicuramente non ci aiuta, però per l'olio d'oliva, con anni di battaglie sindacali, si è affermato il principio che si può chiamare olio italiano solo se le olive sono prodotte e molite in Italia e l'olio è imbottigliato in Italia. Questa vittoria apre le porte e ci da la forza per chiedere e sostenere che gli stessi principi valgano per tutti gli altri prodotti, ad iniziare dalla pasta, dal nostro amato pane, etc. Quello che manca è una strategia nazionale che punti alla salvaguardia e alla promozione del "Made in Italy" che si realizzi attraverso una lotta seria e forte alle frodi e alle sofisticazioni, grazie a diffusi ed incisivi controlli della materia prima in arrivo e dei prodotti d' importazione. Manca il contrasto a quella che possiamo definire l'economia "dell'inganno" a danno degli agricoltori e dei consumatori. Inoltre il continuo cambiamento dei governi e dei ministri agricoli non ha contribuito a migliorare la situazione, basti pensare che negli ultimi sei anni sono cambiati sei ministri dell'agricoltura.
La nuova PAC 2014-2020 prevede interventi per lo sviluppo rurale. Di cosa ha bisogno il nostro territorio per crescere?
La riforma della PAC non ci soddisfa molto: le stesse risorse che l'agricoltura ha ricevuto per la scora programmazione le riceverà anche per la programmazione 2014-2020 però distribuite tra i 28 paesi della UE. Ciò comporterà inevitabilmente dei tagli almeno del 25%. Per questo le risorse che vengono messe a disposizione devono essere utilizzate per soddisfare al meglio i bisogni del territorio. In primis garantendo i pagamenti diretti a quelle aziende che vivono di agricoltura, che presidiano il territorio, fanno salvaguardia del paesaggio agrario e tutelano l'ambiente. Gli agricoltori, infatti, sono i veri guardiani del territorio, che lo manutengono e per questo la collettività deve farsene carico. Dobbiamo puntare sempre di più alla qualificazione, diversificazione delle produzioni agricole e alla loro commercializzazione; ad un'azione sinergica delle filiere per una più equa ripartizione del valore aggiunto.
Il nostro territorio, inoltre, ha un gran bisogno di migliorare il proprio appeal per attrarre persone ed investimenti, e potrebbe farlo attraverso la realizzazione infrastrutture e di servizi alla popolazione. Una maggiore vivibilità potrebbe limitare i fenomeni di esodo e di senilizzazione del nostro territorio e stimolare un effettivo ricambio generazionale in agricoltura.
Inoltre bisognerebbe agevolare maggiormente il ruolo multifunzionale delle imprese agricole, oltre ad una forte semplificazione degli adempimenti burocratici. Infatti, l'accanimento burocratico della pubblica amministrazione degli ultimi anni ha contribuito alla perdita di competitività delle imprese agricole. La CIA su questo problema ha promosso numerose azioni sindacali, ma ha incontrato la sordità dei rappresentanti istituzionali e degli apparati dell'amministrazione pubblica. Noi diciamo che non è possibile paragonare una grande azienda alla miriade di piccole aziende che caratterizzano il tessuto imprenditoriale del mondo agricolo e non solo, pensiamo alle centinaia di aziende artigiane e commerciali presenti sul territorio. Noi vogliamo poche regole, semplici e ben decifrabili e che non siano lasciate alla libera interpretazione di chicchessia.
Lorenzo Loizzo