
La città
Diamoci una possibilità
La disabilità è un ostacolo non un limite
Altamura - martedì 9 febbraio 2016
11.05
Prima di giudicare, pensa.
Alcune settimane fa un caro amico, Michele Disabato, mi ha coinvolta in un progetto finalizzato alla stesura di un giornalino per parlare e raccontare la disabilità. Spianta dalla curiosità ho in un primo momento accettato salvo poi aver voglia di tirarmi indietro non appena ho letto che il progetto era rivolto ai disabili. "Il solito ghetto" ho pensato decisa a gettare via la spugna.
Non l'ho mai accettato neanche da piccola, non per una forma di selezione, ma perché convinta che la disabilità sia una "caratteristica" non un'etichetta o addirittura una sotto Specie della specie umana. Ma ritorniamo al progetto del giornalino. Riflettendoci su, ho deciso di presentarmi al secondo appuntamento. Ho deciso di dare e di darmi una seconda opportunità. Fatte le dovute presentazioni siamo passati alla parte pratica con l'assegnazione degli argomenti e a me è toccato il compito di raccontare "una bella storia". Per carità di storie belle ce ne sarebbero da raccontare ma poi ho pensato: per una volta voglio raccontare la mia di storia. La mia infanzia è volata via tra casa e ospedali. Passano gli anni e cresce la consapevolezza che alla fine hai potuto fare ben poco rispetto a quello che avresti voluto, perché la salute e le circostanze non l'hanno permesso. La vita si riduce a stare a casa con i parenti o con i pochi amici che vengono a far visita. Sento già qualcuno che dice: "beh dai dipende da te, volere è potere". Pazienza! Molte volte nemmeno chi ha una disabilità e quindi vive dei limiti, molto diversi dai tuoi, riesce a capirti. Ancora pazienza!
Provate a pensare, voi persone "normali" a quanto sarebbe bello per chi ha una disabilità poter vivere e compiere quelle piccole azioni a cui voi non fate nemmeno caso, come uscire a fare una passeggiata, andare ad un concerto, al cinema, ma anche andare a trovare qualcuno nel momento stesso che lo desideriamo senza chiedere a qualcun'altro assistenza. Non voglio muovere nessuno a compassione, anzi, il mio è un invito a volersi più bene. Un invito che nasce da chi per troppo tempo ha fatto lo stesso errore: svalutarsi. Se ho deciso di raccontarmi è anche per questo, perché io l'ho capito tardi che la vita va vissuta qui e ora. Ho capito che il tempo non torna indietro, tanto vale non sprecarlo bloccati dalla paura di non farcela. Paradossalmente proprio il tempo è stata la mia cura: piano piano ho sentito l'esigenza di uscire, confrontarmi con chi viveva le mie stesse difficoltà, perché non era possibile vivere una vita tra le quattro mura domestiche. Così ho ripreso gli studi, sentivo che avrei potuto fare qualcosa di diverso anch'io. Iniziai a parlare di questo con i miei amici disabili per scoprire che avevamo tutti le stesse aspirazioni. La svolta fu un convegno organizzato da ENIL Italia, una organizzazione che lotta per l'Autonomia personale dei disabili a cui decidemmo di partecipare. Organizzato il viaggio e arrivati nella sala congressi ecco riaffiorare la solita frustrazione: mi ritrovavo nel solito ghetto, disabili ovunque, ognuno con la propria croce e una storia triste da raccontare. Non so dire cosa mi aspettassi ma di lì a poco sono stata travolta dalla sorpresa: c'era chi aveva disabilità più gravi delle mie e nonostante tutto aveva due lauree, un lavoro, una casa a sua disposizione, aveva fatto molti viaggi. Mi sono vergognata. Al ritorno, ho iniziato a far qualcosa per tentare di recuperare terreno: innanzitutto volontariato, poi ho preso la patente e ho cominciato a cercarmi un lavoro. Ero disposta a lavorare anche gratis pur di farmi conoscere. Alla fine la buona notizia: uno stage formativo con l'Inps e finalmente, la prima vera esperienza lavorativa, presso l'Asl. Un'assunzione non facile. Il capo del personale fece di tutto per indurmi a rinunciare perché non aveva un buon rapporto con le persone con disabilità, era convinto di aver difronte una persona "fortunata" perché beneficiaria di una pensione. "Dia spazio agli altri" continuava a ripetermi. Ma io di quello spazio avevo bisogno almeno sino a quando ho scoperto che il capo del personale, aveva ceduto il mio posto di lavoro ad altra persona. Ero intenzionata a difendere il mio posto di lavoro ma si sa, la vita non smette mai di stupirti. All'improvviso mi fu diagnosticato un problema alle corde vocali e dopo il ricovero a Matera mi trasferirono al policlinico Gemelli di Roma per approfondire.
Per fortuna, la diagnosi non venne confermata, ma la situazione delle corde vocali rimaneva grave, urgeva una tracheotomia. Tuttavia non diedi il mio consenso all'intervento perché non potevo permettermi di perdere altro tempo. Tornai da lì, determinata. Ed ecco la nuova occasione: un telegramma dal Centro dell'Impiego di Bari mi comunicava che ero tra i 38 candidati ad un concorso per un'eventuale assunzione a tempo indeterminato presso un'azienda pubblica. Il sogno di inserirmi nel mondo del lavoro forse si stava realizzando. Sono trascorsi già cinque anni da quando ho superato il concorso realizzato due sogni, ovvero, quello di aver trovato un lavoro a 45 km dal mio paese che mi permette di viaggiare e vedere gente ogni giorno. Io che ho sempre trascorso l'inverno in casa per paura di aggravare i problemi respiratori. Io che ho un equilibrio instabile e che ad ogni passo rischio di inciampare, mi ritrovo a viaggiare. Certo i primi mesi non sono stati facili, costringevo mio padre ad accompagnarmi, ho subito le angherie del collega cinico che cerca di scoraggiarmi perché il mondo del lavoro non è per i disabili, la cattiveria del conducente del pullman che per rispettare un regolamento interno non vuole aprire la porta dell'uscita per te più sicura, nonostante ci sia una legge sulle barriere architettoniche; sino a chi occupa uno dei pochi parcheggi a disposizione, alla superficialità del comando dei vigili che alla richiesta di un parcheggio riservato ti da il diniego solo perché non sei in carrozzina. Poi il pericolo di raffreddarmi e andare incontro alla tracheotomia è sempre in agguato... ma la vita ora ha un senso per me, sento di essere utile alla società e a me stessa. Dimenticavo: appena assunta ho saputo che il capo del personale dell'Asl era stato arrestato perché aveva fatto lo stesso gioco anche ad altri. Beh un'altra soddisfazione.
di Katia Losurdo
Alcune settimane fa un caro amico, Michele Disabato, mi ha coinvolta in un progetto finalizzato alla stesura di un giornalino per parlare e raccontare la disabilità. Spianta dalla curiosità ho in un primo momento accettato salvo poi aver voglia di tirarmi indietro non appena ho letto che il progetto era rivolto ai disabili. "Il solito ghetto" ho pensato decisa a gettare via la spugna.
Non l'ho mai accettato neanche da piccola, non per una forma di selezione, ma perché convinta che la disabilità sia una "caratteristica" non un'etichetta o addirittura una sotto Specie della specie umana. Ma ritorniamo al progetto del giornalino. Riflettendoci su, ho deciso di presentarmi al secondo appuntamento. Ho deciso di dare e di darmi una seconda opportunità. Fatte le dovute presentazioni siamo passati alla parte pratica con l'assegnazione degli argomenti e a me è toccato il compito di raccontare "una bella storia". Per carità di storie belle ce ne sarebbero da raccontare ma poi ho pensato: per una volta voglio raccontare la mia di storia. La mia infanzia è volata via tra casa e ospedali. Passano gli anni e cresce la consapevolezza che alla fine hai potuto fare ben poco rispetto a quello che avresti voluto, perché la salute e le circostanze non l'hanno permesso. La vita si riduce a stare a casa con i parenti o con i pochi amici che vengono a far visita. Sento già qualcuno che dice: "beh dai dipende da te, volere è potere". Pazienza! Molte volte nemmeno chi ha una disabilità e quindi vive dei limiti, molto diversi dai tuoi, riesce a capirti. Ancora pazienza!
Provate a pensare, voi persone "normali" a quanto sarebbe bello per chi ha una disabilità poter vivere e compiere quelle piccole azioni a cui voi non fate nemmeno caso, come uscire a fare una passeggiata, andare ad un concerto, al cinema, ma anche andare a trovare qualcuno nel momento stesso che lo desideriamo senza chiedere a qualcun'altro assistenza. Non voglio muovere nessuno a compassione, anzi, il mio è un invito a volersi più bene. Un invito che nasce da chi per troppo tempo ha fatto lo stesso errore: svalutarsi. Se ho deciso di raccontarmi è anche per questo, perché io l'ho capito tardi che la vita va vissuta qui e ora. Ho capito che il tempo non torna indietro, tanto vale non sprecarlo bloccati dalla paura di non farcela. Paradossalmente proprio il tempo è stata la mia cura: piano piano ho sentito l'esigenza di uscire, confrontarmi con chi viveva le mie stesse difficoltà, perché non era possibile vivere una vita tra le quattro mura domestiche. Così ho ripreso gli studi, sentivo che avrei potuto fare qualcosa di diverso anch'io. Iniziai a parlare di questo con i miei amici disabili per scoprire che avevamo tutti le stesse aspirazioni. La svolta fu un convegno organizzato da ENIL Italia, una organizzazione che lotta per l'Autonomia personale dei disabili a cui decidemmo di partecipare. Organizzato il viaggio e arrivati nella sala congressi ecco riaffiorare la solita frustrazione: mi ritrovavo nel solito ghetto, disabili ovunque, ognuno con la propria croce e una storia triste da raccontare. Non so dire cosa mi aspettassi ma di lì a poco sono stata travolta dalla sorpresa: c'era chi aveva disabilità più gravi delle mie e nonostante tutto aveva due lauree, un lavoro, una casa a sua disposizione, aveva fatto molti viaggi. Mi sono vergognata. Al ritorno, ho iniziato a far qualcosa per tentare di recuperare terreno: innanzitutto volontariato, poi ho preso la patente e ho cominciato a cercarmi un lavoro. Ero disposta a lavorare anche gratis pur di farmi conoscere. Alla fine la buona notizia: uno stage formativo con l'Inps e finalmente, la prima vera esperienza lavorativa, presso l'Asl. Un'assunzione non facile. Il capo del personale fece di tutto per indurmi a rinunciare perché non aveva un buon rapporto con le persone con disabilità, era convinto di aver difronte una persona "fortunata" perché beneficiaria di una pensione. "Dia spazio agli altri" continuava a ripetermi. Ma io di quello spazio avevo bisogno almeno sino a quando ho scoperto che il capo del personale, aveva ceduto il mio posto di lavoro ad altra persona. Ero intenzionata a difendere il mio posto di lavoro ma si sa, la vita non smette mai di stupirti. All'improvviso mi fu diagnosticato un problema alle corde vocali e dopo il ricovero a Matera mi trasferirono al policlinico Gemelli di Roma per approfondire.
Per fortuna, la diagnosi non venne confermata, ma la situazione delle corde vocali rimaneva grave, urgeva una tracheotomia. Tuttavia non diedi il mio consenso all'intervento perché non potevo permettermi di perdere altro tempo. Tornai da lì, determinata. Ed ecco la nuova occasione: un telegramma dal Centro dell'Impiego di Bari mi comunicava che ero tra i 38 candidati ad un concorso per un'eventuale assunzione a tempo indeterminato presso un'azienda pubblica. Il sogno di inserirmi nel mondo del lavoro forse si stava realizzando. Sono trascorsi già cinque anni da quando ho superato il concorso realizzato due sogni, ovvero, quello di aver trovato un lavoro a 45 km dal mio paese che mi permette di viaggiare e vedere gente ogni giorno. Io che ho sempre trascorso l'inverno in casa per paura di aggravare i problemi respiratori. Io che ho un equilibrio instabile e che ad ogni passo rischio di inciampare, mi ritrovo a viaggiare. Certo i primi mesi non sono stati facili, costringevo mio padre ad accompagnarmi, ho subito le angherie del collega cinico che cerca di scoraggiarmi perché il mondo del lavoro non è per i disabili, la cattiveria del conducente del pullman che per rispettare un regolamento interno non vuole aprire la porta dell'uscita per te più sicura, nonostante ci sia una legge sulle barriere architettoniche; sino a chi occupa uno dei pochi parcheggi a disposizione, alla superficialità del comando dei vigili che alla richiesta di un parcheggio riservato ti da il diniego solo perché non sei in carrozzina. Poi il pericolo di raffreddarmi e andare incontro alla tracheotomia è sempre in agguato... ma la vita ora ha un senso per me, sento di essere utile alla società e a me stessa. Dimenticavo: appena assunta ho saputo che il capo del personale dell'Asl era stato arrestato perché aveva fatto lo stesso gioco anche ad altri. Beh un'altra soddisfazione.
di Katia Losurdo